PEC: mancata prova dell’avvenuta notifica e conseguente inesistenza
Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza del 19 maggio 2015
L’articolo è stato realizzato per “Il Quotidiano Giuridico”, il quotidiano di informazione giuridica del gruppo Wolters Kluwer Italia e curato da Cedam, Utet Giuridica, Leggi d’Italia e Ipsoa.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza del 19 maggio 2015, pubblicata il 7 ottobre 2015, dichiara l’inesistenza di una notifica effettuata tramite PEC ai sensi della legge n. 53 del 1994, non avendo fornito, il ricorrente, la prova dell’avvenuta notifica nei modi e nelle forme previste dalla vigente normativa.
La sentenza è di estrema rilevanza poiché, almeno per quanto di conoscenza dello scrivente, rappresenta la prima pronuncia, in materia di notifiche degli avvocati tramite PEC, relativamente all’ipotesi di inesistenza della stessa.
La Suprema Corte è pervenuta a tale decisione con un ragionamento logico-giuridico ineccepibile e le conclusioni a cui giunge, sono assolutamente condivisibili.
Avverso reclamo rigettato dalla Corte di Appello, il soccombente proponeva ricorso per cassazione che veniva notificato, dal difensore del resistente, tramite posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 1 della L. n. 53 del 1994 e successive modificazioni; il resistente rimaneva intimato.
La Suprema Corte dichiarava il ricorso inammissibile, non risultando perfezionato il procedimento notificatorio, da ciò scaturendo l’inesistenza della notifica effettuata tramite PEC.
La Corte, nel premettere che il comma 3 dell’art. 3 bis della L. 53/94, così come introdotto dalla L. n. 228 del 2012, prevede che la notifica effettuata con modalità telematiche si perfeziona, per il notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione (fornita dal gestore della PEC del mittente e contenente i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione del messaggio PEC) e per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (fornita dal gestore della PEC del destinatario e che dà al mittente la prova che il suo messaggio PEC è effettivamente pervenuto all’indirizzo PEC e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione) pone la sua attenzione alle modalità con le quali il notificante è tenuto a dare la prova dell’avvenuta notifica.
A tal proposito la Cassazione rimanda all’art. 9 comma 1 bis della L. 53/94 il quale prevede che solo ove per l’avvocato non sia possibile fornire la prova dell’avvenuta notifica con modalità telematiche, dovrà procedere mediante deposito cartaceo ai sensi dell’art. 9 comma 1-bis della L. 53/94 e quindi estraendo copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Dopo aver delineato il quadro normativo come sopra indicato, la Corte afferma che il procedimento della notifica effettuata tramite PEC non termina con l’invio telematico dell’atto ma si perfeziona con la consegna del plico informatico nella casella PEC del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna.
Nel caso in esame, evidenzia la Cassazione, la difesa del ricorrente non ha prodotto né la ricevuta di avvenuta consegna della notifica effettuata tramite PEC, neanche su supporto analogico (cartaceo) mediante trasposizione su carta (stampa) del contenuto del documento informatico (ricevuta di avvenuta consegna), né la ricevuta di accettazione.
Dalla mancata produzione delle ricevute di consegna e accettazione la Suprema Corte ritiene che il processo notificatorio non risulti compiuto non solo per il destinatario della notifica ma neanche per il notificante con ciò determinandosi l’inesistenza della stessa.
Parte ricorrente ha quindi omesso di dare la prova dell’avvenuta notifica tramite PEC così come richiesto e previsto dall’art. 9 comma 1 bis della L. 53/94 e, conseguentemente, la Corte di Cassazione non è stata in grado non solo di verificare se la procedura di notifica eseguita dal difensore fosse quella prevista dalla L. 53/94 ma, a causa della grave indicata omissione, non ha dato modo alla Suprema Corte di accertare se, preliminarmente, i processi notificatori per il destinatario della notifica e per il notificante si fossero effettivamente compiuti; proprio per tale motivo, non avendo elementi per poter affermare l’esistenza della notifica, la Corte si è trovata nell’impossibilità di applicare l’art. 291 c.p.c. in quanto la sanatoria prevista da tale norma è applicabile nell’ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità.
Da ultimo non posso non raccomandare ai Colleghi la massima attenzione alle norme che regolano tutto il procedimento della notifica in proprio effettuata tramite PEC e, conseguentemente, di adottare tale modalità di notifica solo se certi di poterla effettuare nel pieno rispetto della legge n. 53 del 1994.
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