La prova dell’avvenuta notifica tramite PEC

La prova dell’avvenuta notifica tramite PEC

Il commento è stato realizzato per Il Quotidiano Giuridico, il quotidiano di informazione giuridica del gruppo Wolters Kluwer Italia e curato da Cedam, Utet Giuridica, Leggi d’Italia e Ipsoa, e pubblicato qui.

Il Tribunale di Varese, seconda sezione, con provvedimento del 30 luglio 2015, dichiara la nullità della notifica tramite PEC del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione di udienza, la cui prova veniva fornita dal difensore del ricorrente ai sensi dell’art. 9 comma 1-bis della L. 53/94.

Prima di esaminare le motivazioni che hanno indotto il Giudicante a dichiarare (erroneamente) nulla la notifica, è opportuno delineare il quadro normativo di riferimento.

Il comma 1 lettera “c-bis” dell’art. 46 introdotto, nel decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, dalla legge di conversione dell’11 agosto 2014 n. 114, prevede, in generale, che in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire la prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, dovrà procedere ai sensi dell’art. 9 comma 1-bis della L. n. 53/94 e quindi estraendo copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata,  dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

In estrema sintesi, nella citata ipotesi, l’avvocato notificatore, pertanto, potrà stampare l’intero messaggio PEC relativo alla notifica, con i suoi allegati e con le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, ed attestare la conformità delle copie analogiche (cartacee) ai documenti informatici originali ai sensi dell’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Illustrato e chiarito il quadro normativo di riferimento, esaminiamo le motivazioni che hanno indotto il Giudicante a dichiarare la nullità della notifica.

Il Giudicante, nel premettere la mancata costituzione del resistente, rileva, giustamente, la necessità di verificare la formale regolarità della notifica.

Esordisce però affermando, erroneamente, che “non essendo possibile, in virtù dell’attuale stato della tecnica, operare un riscontro dei dati associati alla notifica effettuata nelle suddette forme direttamente a mezzo del sistema informatico, la validazione della regolarità della notificazione passa necessariamente dalla produzione in giudizio a cura del notificante di copia analogica del documento informatico trasmesso in via telematica e della corretta attestazione di conformità della copia all’originale per come è prescritta dall’art. 9 comma 1 bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53;”.

Ciò non risponde assolutamente al vero o meglio, è vero l’esatto contrario in quanto:

1) sia in Tribunale che in Corte d’Appello è possibile fornire la prova dell’avvenuta notificaeffettuata tramite PEC depositando telematicamente le ricevute di accettazione e consegna in formato .eml o . msg (precedentemente “salvate”, in digitale, sul computer) avendo così il Giudice la possibilità, tramite la sua “consolle”, di aprirle con un qualsiasi “editor” di posta elettronica e di verificare “cosa” “quando” e “a chi” è stata effettuata la notifica (la ricevuta di consegna completa infatti, contiene, i medesimi files che il destinatario della notifica ha ricevuto, tramite PEC, dal mittente);

2) è la legge a prevedere e disporre (art. 9 comma 1 bis e comma 1 ter della L. n. 53/94), che solo ove per l’avvocato non sia possibile fornire la prova dell’avvenuta notifica con modalità telematiche (ad esempio Corte di Cassazione o Giudice di Pace ad oggi, questi, uffici giudiziari nei quali non è possibile effettuare depositi telematici), potrà procedere mediante deposito cartaceo ai sensi dell’art. 9 comma 1-bis della L. n. 53/94 e quindi estraendo copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata,  dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Anche su tale aspetto normativo, al di la della decisione del Giudice, bisogna interrogarsi sul precetto della norma e sulla connessa interpretazione nella parte in cui dispone che solo ove per l’avvocato non sia possibile fornire la prova dell’avvenuta notifica con modalità telematiche, potrà fornirla mediante deposito cartaceo e quindi se, dinanzi al Tribunale e alla Corte d’Appello, essendovi la facoltà e la correlata possibilità di depositare telematicamente anche atti introduttivi, il difensore abbia l’obbligo di fornirla solo ed esclusivamente con modalità telematiche.

Davanti a tale interpretazione si potrebbe però obiettare che il deposito telematico di atti introduttivi in Tribunale e Corte d’Appello, sia solo una facoltà e non un obbligo; con la conseguenza che, ove il Collega non voglia avvalersi di tale facoltà, sarebbe dalla norma autorizzato a fornire la prova dell’avvenuta notifica tramite cartaceo utilizzando quanto previsto dall’articolo sopra citato.

A mio avviso, se il difensore decide di notificare tramite PEC un qualsiasi atto introduttivo, il cui procedimento dovrà poi instaurarsi dinanzi al Tribunale o alla Corte d’Appello, essendo in tali uffici giudiziari possibile fornire con modalità telematiche la prova della notifica tramite PEC, dovrebbe obbligatoriamente fornirla con tale mezzo in quanto, interpretando sia letteralmente ma anche logicamente le due norme, dovrebbe potersi affermare che se il Collega decide di avvalersi della notifica tramite PEC alla prova dell’avvenuta notifica dovrebbe dare seguito esclusivamente con modalità telematiche, essendo specifica e quindi prevalente, sulla norma che attribuisce la facoltà di depositi telematici diversi da quelli disciplinati dal comma 1 dell’art. 16 bis D.L. n. 179/12, quella indicata dall’art. 9 comma 1bis e comma 1 ter della L. n. 53/94 che prevede la possibilità di fornire la prova mediante deposito cartaceo solo se non sia possibile fornirla in telematico.

Per riassumere in estrema sintesi: se ti avvali della notifica PEC ed hai la possibilità di fornire la prova con modalità telematiche, non hai la facoltà ma l’obbligo di fornirla con tali modalità.

Il Tribunale, poi, nel prendere in esame la notifica, rileva che la stessa non sarebbe conforme alle vigenti disposizioni normative relativamente all’attestazione di conformità con la quale, l’avvocato del ricorrente, ha dichiarato le copie analogiche conformi ai documenti informatici dai quali sono state tratte (ai sensi dell’art. 9 comma 1-bis della L. 53/94), in quanto, a suo dire, tale attestazione sarebbe carente dei requisiti richiesti dall’art. 23, comma, del codice dell’amministrazione digitale per il quale l’attestazione di conformità della copia analogica dell’originale deve “…prendere in considerazione “tutte le sue componenti” ritenendo tale “…precisazione opportuna e necessaria in quanto, in caso contrario non vi sarebbe alcuna possibilità di riferire con sufficiente grado di certezza un documento cartaceo al file da cui è stato estratto per immagine” motivo per cui “…le componenti dei distinti files – email contenente gli atti notificati e ricevute di avvenuta accettazione/consegna – di cui si compone una notifica effettuata in via telematica ai sensi dell’art. 3 bis della L. 21 gennaio 1994 n. 53 che permettono una sua identificazione a mezzo dei documenti cartacei estratti vanno almeno individuate:

– nel formato del documento;

– nella tipologia di firma cui è sottoscritto;

– nello stato di validità dell’eventuale certificato associato alla firma;

– nell’esistenza di una marca temporale”

essendo quindi “necessario che il difensore rilasci un’attestazione con la quale sotto la propria responsabilità dia atto almeno di tali elementi”.

E’ opportuno a questo punto, prima di censurare quanto dedotto dal Giudicante, conoscere come il difensore del ricorrente ha attestato la conformità:

“ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli art. 9 comma 1-bis e 6 comma 1 della L. 53/94 così come modificata dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 16 quater D.L. 18 ottobre n 179 aggiunto al comma 19 dell’art. 1 L. 24 dicembre 2012, n. 228 e dall’art. 23 comma 1 del decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e ss. Si attesta la conformità della presente copia cartacea all’originale telematico da cui è stata estratta. Questa testata è stata sottoscritta come a latere”.

Il Giudicante ritiene che tale attestazione sia assolutamente generica in quanto “gli elementi indicati come necessari difettano totalmente – non essendo nemmeno indicato il formato del documento oggetto di attestazione e di conseguenza non e possibile l’individuazione dei detto originale come documento informatico distinguibile da altri da cui può essere estratta un’immagine similare, in quanto non vi è alcun riferimento specifico al documento”.

Con tale motivazione dichiara la nullità della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione udienza effettuata tramite PEC disponendo la rinnovazione della notifica.

Il provvedimento e le motivazioni attraverso le quali lo stesso è stato adottato, non solo non sono assolutamente condivisibili ma risultano contrastanti con le norme citate dal Giudicante al quale, a dire il vero, nella disamina, sicuramente per mera dimenticanza, ne sfugge una dalla quale non è possibile prescindere: il difensore, per legge, quando come nel caso di specie, attesta la conformità, è un pubblico ufficiale (art. 6, L. n. 53/94) così come, ad esempio è, sempre per legge, pubblico ufficiale il cancelliere che tutt’ora rilascia ai difensori copie conformi di provvedimenti semplicemente apponendo, in calce ai medesimi, un timbro, nel quale è riportata la seguente dicitura “E’ copia conforme all’originale”.

Ciò posto, a meno che qualcuno non sia in grado, norma alla mano, di provare il contrario, nell’esercizio dei medesimi poteri, non possono esserci pubblici ufficiali di “serie A” e di “serie B” ed a tal proposito ringrazio il Collega Patrizio Galeotti, del foro di Bari per avermi ricordato, da una parte, il contenuto dell’art. 137 c.p.c. il quale, in ipotesi analoga a quella dell’avvocato notificatore, prevede per l’Ufficiale Giudiziario che “Se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale…” e, dall’altra, segnalato la sentenza n. 6780 del 20 marzo 2009 della Suprema Corte di Cassazione la quale, anche ammesso e non concesso che nel caso di specie si sia in presenza di una generica attestazione di conformità, ha affermato l’importante principio (per analogia applicabile alla fattispecie oggetto del presente commento) che non rileva il mero difetto dell’attestazione di conformità ma l’effettiva difformità tra l’atto notificato e depositato e quello inviato alla controparte e ciò anche per l’ipotesi in cui la controparte non si sia costituita in giudizio.

Il difensore, per dare la prova dell’avvenuta notifica effettuata tramite PEC, ha stampato il messaggio PEC, la ricevuta di accettazione, la ricevuta di consegna e tutti gli allegati contenuti nella PEC notificata provvedendo, così come disposto dall’art. 9, l. n. 53/94, ad attestare la conformità della copia cartacea all’originale telematico da cui è stata estratta; questo ha fatto il difensore e questo doveva fare!

Il Giudicante ha clamorosamente errato nel ritenere che quanto affermato dal difensore (in veste di pubblico ufficiale) non fosse sufficiente a soddisfare i requisiti previsti dall’art. 9, l. n. 53/94 e implicitamente, così decidendo, ha anche indirettamente affermato di non fidarsi e quindi di dubitare della veridicità di quanto attestato dal difensore.

La prova dell’avvenuta notifica è stata data dal difensore nei modi e nelle forme previste dalla normativa di riferimento e nessuna nullità, quindi, poteva essere dichiarata dal Tribunale ai sensi dell’art. 11, l. n. 53/94; al più, ove invece (per quanto sopra argomentato) avesse ritenuto che il difensore dovesse fornire la prova dell’avvenuta notifica mediante deposito telematico, in tal caso, ma solo in tal caso, avrebbe dovuto assegnare un termine al difensore ordinandogli di dar seguito all’adempimento richiesto e riservando, ogni prognosi sulla validità della notifica, solo in mancanza dello stesso o qualora dalla disamina del contenuto (allegati) della ricevuta di consegna avesse rilevato ipotesi di nullità così come delineate dal citato articolo 11.

19 ottobre 2015

Avv. Maurizio Reale

         

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