Notifiche PEC nel processo amministrativo: tutte le sentenze

Notifiche PEC nel processo amministrativo: tutte le sentenze

L’articolo è stato realizzato per Il Quotidiano Giuridico, il quotidiano di informazione giuridica del gruppo Wolters Kluwer Italia e curato da Cedam, Utet Giuridica, Leggi d’Italia e Ipsoa.

Una delle maggiori problematiche che ad oggi deriva dalla notifica tramite PEC eseguita ai sensi della Legge n. 53/94 è quella relativa alla possibilità o meno, per l’avvocato, di notificare telematicamente anche atti del processo amministrativo; la questione è quindi quella della ammissibilità della notifiche tramite PEC nel processo amministrativo.

Il quadro normativo delle notifiche nel processo amministrativo

Nel corso del corrente anno sia i TAR che il Consiglio di Stato, si sono più volti pronunciati in merito alla ammissibilità o meno dell’atto del giudizio amministrativo notificato tramite PEC e, tali pronunce, contrastanti tra loro, non sono riuscite a dare una risposta certa alla questione.

Prima di indicare le più importanti decisioni giurisprudenziali è opportuno tracciare il quadro normativo di riferimento.

Il Codice del Processo Amministrativo, all’art. 39 comma 1, dispone che “Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali” e, lo stesso articolo, al comma 2 prevede che “Le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile”.

Dalla lettura dell’art. 39 C.P.A. è palese non solo un generale rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile ma un particolare riferimento, relativamente alla notifica degli atti del processo amministrativo, non solo al codice di procedura civile ma anche alle leggi speciali concernenti la notificazione la notificazione degli atti giudiziari in materia civile e quindi, tra le altre, anche alla legge 21 gennaio 1994 n. 53 e successive modificazioni, recante facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati la quale ha introdotto la facoltà per l’avvocato di notificare in proprio atti, senza doversi avvalere dell’opera dell’ufficiale giudiziario.

Dal quadro normativo così come sopra delineato, appariva quindi scontata l’applicabilità delle notifiche tramite PEC ai sensi della L. 53/94 anche per notifica di atti amministrativi.

A “complicare” le cose è però intervenuto il decreto legge 20 giugno 2014 n. 90 il quale ha apportato modifiche all’art. 16 bis del decreto legge 179/12 introducendo il comma 17 bis con il quale se da una parte venivano estese anche al processo amministrativo le disposizioni relative all’invio delle comunicazioni telematiche da parte delle cancellerie, dall’altra aggiungeva all’art. 16 quater del citato decreto legge, il comma 3 bis e quindi la non applicabilità alla giustizia amministrativa dei commi 2 e 3 i quali prevedevano l’emanazione di un decreto ministeriale volto a modificare e integrare le regole tecniche del PCT in materia di notifiche tramite PEC subordinando all’emanazione ed alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tale decreto l’entrata in vigore delle disposizioni relative alle notifiche telematiche.

Da ciò si sono originate due correnti di pensiero, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza: la prima ha ritenuto che, alla non applicabilità alla giustizia amministrativa dei commi 2 e 3 dell’art. 16 quater decreto legge 179/12 corrispondesse, come logica conseguenza, l’immediata applicabilità al processo amministrativo delle disposizioni relative alle notifiche tramite PEC ex L. 53/94; la seconda, partendo dal medesimo presupposto, ha ritenuto di poter affermare che allo stato, non essendo ancora state pubblicate le regole tecniche e le specifiche tecniche del Processo Amministrativo Telematico, così come direttamente richiamate dall’art. 13 dell’allegato 2 del c.p.a., la possibilità di utilizzare nel processo amministrativo le notifiche tramite PEC ex L. 53/94 sarebbe comunque subordinata alla preventiva richiesta avanzata dal difensore al Presidente del TAR ai sensi e per gli effetti dell’art. 52 comma 2 c.p.a. il quale espressamente prevede che “Il Presidente può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile.”.

La giurisprudenza e le notifiche tramite PEC ex L. 53/94 nel processo amministrativo

Di seguito vengono indicate le pronunce giurisprudenziali più rilevanti sul tema e, dal successivo esame, sarà facile comprendere come la fattispecie trattata sia stata oggetto di diverse e contrastanti soluzioni.

  • TAR Lazio Sez. III, 25 novembre 2014, n. 11808

  • Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria – ordinanza 10 dicembre 2014, n. 33 – Pres. Giovannini – est. Deodato

  • TAR Lazio, terza sezione ter, sentenza n. 396, 13 gennaio 2015

  • TAR Abruzzo, Pescara, sentenza n. 49, 3 febbraio 2015

  • TAR Calabria, sentenza n. 183, 4 febbraio 2015

  • TAR Campania, sentenza n. 923 6 febbraio 2015

  • TAR Veneto, sentenza n. 369, 27 marzo 2015

  • TAR Lombardia – sezione distaccata di Brescia – seconda sezione, sentenza n. 514, 10 aprile 2015

  • TAR Campania – Salerno, Sez. I – sentenza n. 1004, 14 maggio 2015

  • Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2682, 28 maggio 2015

  • TAR Lazio, sez. III, sentenza n. 8676, 24 giugno 2015

  • TAR Campania, Sez. VI, sentenza n. 3467, 1 luglio 2015

  • Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza n. 4270, 14 settembre 2015

  • Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 4862, 22 ottobre 2015

La prima pronuncia giurisprudenziale in materia di notifica del ricorso introduttivo tramite PEC ai sensi della L. 53/94, successiva al decreto legge 90/14, è quella emessa dal TAR Lazio Sez. III, 25 novembre 2014, n. 11808.

Il Tribunale ha affrontato e deciso l’eccezione processuale sollevata dalla parte intimata la quale aveva invocato la nullità della notifica del ricorso in quanto la stessa sarebbe avvenuta in mancanza di quanto previsto dall’art. 13 dell’Allegato 2 del codice del processo amministrativo e quindi in assenza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri contenente le specifiche tecniche e “le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali”.

Il Collegio, rilevata la costituzione in giudizio della parte intimata di per se già sufficiente a configurare quanto disposto dal terzo comma dell’art. 156 c.p.c. (“La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”), ha comunque statuito che “la possibilità per gli avvocati di notificare gli atti a mezzo PEC sussiste già da tempo e prescinde dall’introduzione e piena attuazione del processo telematico, fondandosi tale facoltà su autonome e specifiche disposizioni di legge … che consentono all’avvocato la notifica a mezzo PEC avvalendosi del registro cronologico disciplinato dalla stessa Legge n. 53”.

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria – ordinanza 10 dicembre 2014, n. 33 – Pres. Giovannini – est. Deodato.

Con tale ordinanza l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, pur muovendo dalla constatazione che “dalla rassegna delle norme dedicate a regolare le comunicazioni digitali tra pubbliche amministrazioni e professionisti che si sono succedute dal 2005 a oggi, si ricava […] l’impressione di un quadro legislativo frammentato e incoerente e, come tale, privo di quel coordinamento sistematico e di quella chiarezza lessicale che assicurerebbero parametri affidabili di identificazione del precetto di riferimento”, ha tuttavia riconosciuto, all’esito di articolate argomentazioni, la validità delle comunicazioni di segreteria a mezzo pec (quantomeno a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 136 c.p.a. e pure nei confronti del difensore che non avesse indicato il proprio indirizzo pec nell’atto introduttivo o nel primo atto difensivo). A differente soluzione si deve pervenire nel caso di notificazione del ricorso (le cui regole vanno desunte da un quadro legislativo parimenti caratterizzato da scarsa perspicuità, frammentarietà e incoerenza).

Il TAR Lazio, terza sezione ter, con la sentenza n. 396/2015 del 13 gennaio 2015, ha fatto proprie le considerazioni contenute nell’ordinanza 10 dicembre 2014 n. 33 del Consiglio di Stato, adunanza plenaria ed ha, conseguentemente, dichiarato  l’inammissibilità del ricorso notificato ai sensi della Legge 53/94 affermando che  nel processo amministrativo allo stato non sarebbe possibile utilizzare tale modalità di notifica ove il difensore non abbia richiesto e ottenuto la prevista autorizzazione da parte del Presidente del TAR ai sensi dell’art. 52, comma 2, c.p.a.

“Il Collegio ritiene infatti che nel giudizio amministrativo non sia ancora operante la facoltà per gli avvocati di notificare l’atto introduttivo con modalità telematiche (in assenza di previa autorizzazione ai sensi dell’art. 52, co. 2, c.p.a.). Questa conclusione richiede una preliminare ricognizione del quadro normativo.

L’art. 39, comma 2, c.p.a., sancisce che “le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile”. Tra queste ultime è compresa la l. 21 gennaio 1994, n. 53, che abilita gli avvocati alla notificazione con modalità telematiche e della quale vanno richiamate le seguenti disposizioni (oggi d’interesse): – art. 3-bis: co. 2: “quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità all’originale a norma dell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (il d.lgs. n. 82/2005 reca il Codice dell’amministrazione digitale, c.d. Cad). In tal caso “la notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata”; e comma 5: “l’avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata”; tra i vari elementi che la relazione deve contenere (v. lettere a, c, d, e ed f; dati identificativi del difensore, dell’assistito e del destinatario, indirizzo pec cui l’atto è notificato e indicazione dell’elenco da cui è stato estratto l’indirizzo) vi è anche “l’attestazione di conformità di cui al comma 2” (lett. g); – art. 9, sul deposito degli atti e sulla prova della notificazione: co. 1-bis: “qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”; e co. 1-ter: “in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis” (disposizione inserita dall’art. 46 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, come modificato dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114). – art. 11, sulle nullità: “le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”. Gli artt. 3-bis e 9, co. 1-bis, sono stati inseriti nella l. n. 53/1994 dall’art. 16-quater, co. 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (a sua volta introdotto, con decorrenza 1.1.2013, dall’art. 1, co. 19, n. 2, l. 24 dicembre 2012, n. 228), il cui co. 2 demanda a un decreto del Ministro della giustizia l’adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, mentre il co. 3 stabilisce che le disposizioni del comma 1 “acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2”. In attuazione di detto art. 16-quater, co. 2, è stato emanato il d.m. 3 aprile 2013, n. 48 (“Regolamento recante modifiche al D.M. n. 44/2011, concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, pubblicato nella G.U. 9 maggio 2013, n. 107), entrato in vigore il 24.5.2013. Con specifico riferimento al processo amministrativo, l’art. 46, co. 2, d.l. n. 90/2014 cit. (in vigore dal 25.6.2014), ha aggiunto all’art. 16-quater un nuovo comma 3-bis, a tenore del quale “le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa”. Vanno infine richiamati: – l’art. 16, co. 17-bis, d.l. n. 179/2012 (parimenti introdotto dal d.l. n. 90/2014, art. 42, “comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo amministrativo”), che estende al processo amministrativo le disposizioni dell’art. 16 stesso sulle comunicazioni e notificazioni di cancelleria (in particolare, i commi 4, 6, 7, 8, 12 e 13); – l’art. 16-ter, co. 1-bis, d.l. n. 179/2012 (inserito dall’art. 45-bis, co. 2, lett. a, n. 2, d.l. n. 90/2014 cit. in sede di conversione, e dunque a far tempo dal 19.8.2014; cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7148, sull’art. 15. co. 5, l. n. 400/88), secondo cui le disposizioni del comma 1, concernente i “pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni” ai fini della notificazione e comunicazione “degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale” (tra i quali l’Indice nazionale degli indirizzi PEC ex art. 6-bis Cad) “si applicano anche alla giustizia amministrativa”.

Ne segue che, in assenza di costituzione delle parti intimate (avente efficacia sanante in applicazione dell’art. 44, co. 3. c.p.a., espressivo del principio del raggiungimento dello scopo; v. T.a.r. Lazio, sez. III-bis, 2 luglio 2014, n. 7017) e di autorizzazione ai sensi dell’art. 52, co. 2, c.p.a. (nemmeno domandata dalla ricorrente), la notificazione è nulla ex art. 11 l. n. 53/1994.

L’incertezza del quadro normativo potrebbe offrire elementi per apprezzare la possibilità di concedere officiosamente il beneficio della rimessione in termini (ai fini della rinnovazione della notificazione). A tale statuizione si oppongono tuttavia considerazioni di economia processuale, essendo Y. comunque decaduta dal potere di proporre ricorso per decorrenza del termine di impugnazione”.

Anche il TAR Abruzzo, Pescara, con la sentenza del 3 febbraio 2015 n. 49 ha deciso per l’inammissibilità del ricorso notificato tramite PEC facendo proprie e rinviando alle deduzioni tutte elaborate dal TAR Lazio nella sopra citata sentenza del 13 gennaio 2015.

Il 4 febbraio 2015 è il TAR Calabria ad affrontare la questione e, con la sentenza n. 183, in aperto contrasto sia con quanto statuito il 10 dicembre 2014 dal Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, con l’ordinanza del 10 dicembre 2014, n.33 sia con le decisioni del Tar Lazio e Abruzzo, dichiara l’ammissibilità della notifica del ricorso effettuato dal difensore tramite PEC (in tale giudizio l’intimata non si era costituita), affermando che “…nel processo amministrativo, è consentito al ricorrente redigere, ai sensi dell’art. 136, coma 2-bis c.p.a., il ricorso introduttivo nelle forme del documento informatico sottoscritto con firma digitale; notificarlo telematicamente, nel rispetto della disciplina dettata dall’art. 3-ter l. 21 gennaio1994, n. 53; costituirsi depositando, ai sensi dell’art. 9, commi 1-bis e 1-ter l. 21 gennaio 1994, n. 53, copia analogica del messaggio di posta elettronica certificata mediante la quale ha provveduto alla notifica di ricorso, del ricorso e degli altri allegati, delle ricevute di accettazione e avvenuta consegna, con attestazione, da parte del difensore, della conformità delle copie depositate ai documenti informatici da cui sono tratte. A tali condizioni, il rapporto processuale deve ritenersi correttamente instaurato e la costituzione del ricorrente è da considerarsi valida.”.

Il Collegio perviene alla validità della notifica tramite PEC del ricorso introduttivo, dopo aver dato, preliminarmente, risposta positiva a tre quesiti di carattere processuale:

1) validità o meno del ricorso introduttivo redatto nelle forme del documento informatico sottoscritto con firma digitale;

2) validità o meno della notifica eseguita telematicamente, a mezzo di posta elettronica certificata;

3) validità o meno della costituzione, avvenuta mediante depositato in copia analogica, la cui conformità all’originale è attestata dal difensore, del ricorso redatto nelle forme del documento informatico e dei documenti attestanti l’avvenuta notifica telematica.

Osserva il Collegio, nella motivazione, che “L’art. 136 c.p.a., nondimeno, ha già introdotto nel sistema processuale alcuni germi del futuro processo amministrativo telematico.

– Il primo comma, infatti, impone ai difensori di indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo, ponendo una presunzione di conoscenza delle comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente.- Il secondo comma, dal canto suo, prescrive (seppur senza alcuna sanzione per l’inosservanza dell’obbligo) che i difensori depositino copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa.

– Il comma 2-bis, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera v) d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160, recante il secondo correttivo al codice del processo amministrativo, stabilisce che tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti possano essere sottoscritti con firma digitale. E’ evidente, sia detto per inciso, che l’apposizione della firma digitale richiede che il documento sia stato redatto nelle forme del documento informatico, sicché la norma illustrata deve essere intesa nel senso che autorizzi la redazione nelle forme del documento informatico e la sottoscrizione con firma digitale degli atti e dei provvedimenti del processo amministrativo.

Va poi segnalato che le facoltà di cui si discute avrebbero dovuto, in forza dell’art. 38 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. con mod. dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, trasformarsi in obbligo a decorrere dall’1 gennaio 2015, ma il d.l. 31 dicembre 2014, n. 192, in attesa di conversione, ha disposto che la modifica del citato comma 2-bis decorra dall’1 luglio 2015” … “Ciò posto, viene in rilievo l’art. 39, comma 2 c.p.a., secondo cui le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile.

Tra le leggi speciali applicabili vi è sicuramente la l. 21 gennaio 1994, n. 53, intitolata Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali.

Il Collegio poi, nel citare il precedente del Tar Lazio del gennaio 2015, ritiene di dover pervenire a conclusioni completamente diverse in quanto rileva che,

1) “…se il legislatore avesse voluto sancire l’inapplicabilità al processo amministrativo delle notificazioni telematiche, avrebbe potuto stabilirlo chiaramente”.

2) “…la non applicabilità al processo amministrativo dei commi 2 e 3 (e non anche del comma 1) dell’art. 16-quater d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come modificato ed integrato, ha una duplice giustificazione:

– non essendoci ancora un processo amministrativo telematico, non vi sono ancora le regole tecniche da adeguare alla possibilità di eseguire notifiche telematiche;- in ogni caso, il Ministro della Giustizia non ha alcuna competenza sull’organizzazione della giustizia amministrativa.

Né si può dire che, non applicandosi alla giustizia amministrativa i commi in questione, difettino le regole tecniche circa le notificazioni telematiche, atteso che tali regole sono state stabilite in via generale dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, cui fa appunto riferimento l’art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53”.

3) “…il difensore del ricorrente, avendo redatto il ricorso nelle forme del documento informatico sottoscritto con firma digitale, in data 18 giugno 2014 ne ha notificato telematicamente copia alla Provincia di Cosenza, inviando messaggio di posta elettronica certificata cui risultano allegati il ricorso, copia digitale della procura conferita analogicamente, relata di notifica.Il messaggio di posta elettronica certificata ed i suoi allegati sono conformi al dettato dell’art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53, e la ricezione è avvenuta regolarmente.La costituzione di F.S. è quindi avvenuta mediante deposito di copia analogica del messaggio di posta elettronica certificata, del ricorso, della procura, della relata di notifica, della ricevuta di accettazione del messaggio e della ricevuta di consegna del messaggio.

Il difensore, inoltre, ha attestato la conformità delle copie prodotte agli originali telematici”.

Conclude quindi affermando che “nel processo amministrativo la possibilità di notificare il ricorso introduttivo telematicamente è assicurata indipendentemente dall’emanazione di nuove regole tecniche, essendo allo scopo sufficienti quelle garantite in via generale dal d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68”.

L’esame della questione passa al vaglio del TAR Campania il quale, con la sentenza n. 923 del 6 febbraio 2015, perviene alle medesime conclusioni del Tar Calabria, pronunciandosi quindi per la piena validità della notifica del ricorso introduttivo tramite PEC, con uno spunto ulteriore e diverso da quelli posti a fondamento della decisione del Collegio del Tar Calabria.

Infatti il Tribunale qui pone il problema della notifica del ricorso effettuato tramite PEC in assenza dell’autorizzazione presidenziale così come disposta dal comma 2 dell’art, 52 del c.p.a.

Anche qui va evidenziata la mancata costituzione in giudizio dell’intimato.

Il Collegio osserva e deduce “…che la notifica per mezzo di posta elettronica certificata (PEC) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata: ad avviso del Tribunale, la mancata autorizzazione ex art. 52 CPA non può ritenersi ostativa atteso che la predetta norma si relazione a forme “speciali” di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico (PAT; cfr. ex pluris, il DPCM 13 novembre 2014); sul piano della economicità delle forme, va ancora rilevato che l’autorizzazione, a seguito di innegabile rinnovabilità della notifica, non comporterebbe altro che una nuova notifica (verisimilmente) a mezzo PEC; che, in particolare, la legittimità della predetta notifica è comunque recuperabile ex art. 1 L. n. 53 del 21 gennaio1994 secondo cui 1. L’avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto a norma dell’articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. Quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente, fatta eccezione per l’autorizzazione del consiglio dell’ordine, la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata;”.

Nemmeno a dirlo che, trascorso poco più di un mese dalla pronuncia del Tar Campania, il TAR Veneto, con al sentenza del 27 marzo 2015 n, 369, d’ufficio, rilevava, da una parte, la nullità della notifica del ricorso introduttivo del giudizio effettuata dal difensore tramite PEC ai sensi della L 53/94 e, dall’altra, sul presupposto che l’amministrazione intimata risultava costituita in giudizio, riteneva comunque sanata la nullità della notifica.

Nel caso di specie “Rileva preliminarmente il Collegio, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., come da verbale, che l’atto introduttivo del presente giudizio è stato notificato via PEC, ai sensi della legge n. 53/1994.

Sebbene, come noto, in base al disposto di cui all’art. 16-quater, comma 3-bis, del d.l. 179/12, sia esclusa l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), e ciò anche in mancanza di un apposito Regolamento che, analogamente al d.m. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo, ritiene il Collegio che nel caso in esame l’avvenuta costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata sia idonea a sanare la nullità della notifica”.

Di diverso avviso del Tar Veneto è il TAR Lombardia – sezione distaccata di Brescia – seconda sezione, che con la sentenza del 10 aprile 2015 n. 514, riafferma la validità della notifica di atti processuali tramite la PEC:

“deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso connessa alla pretesa nullità della notificazione avvenuta a mezzo PEC, in linea con il proprio precedente orientamento, seguito anche nella sentenza del T.A.R. Napoli 6 febbraio 2015, n. 627, nella quale si legge che “la notifica di atti processuali per mezzo di posta elettronica certificata (PEC) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata pur senza autorizzazione ai sensi dell’art. 52 Cod. proc. amm., la quale non può ritenersi ostativa atteso che la predetta norma si relaziona a forme “speciali” di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico”.

Ciò, a maggior ragione nel caso in cui, come quello di specie, l’ente pubblico abbia regolarmente ricevuto la notificazione, si sia tempestivamente costituito in giudizio e non abbia eccepito alcuna anomalia nel ricevimento o limitazione del proprio diritto di difesa quale conseguenza immediata e diretta dell’utilizzo del mezzo informatico per effettuare la notificazione.”.

Il TAR Campania – Salerno, Sez. I – con la sentenza 14 maggio 2015 n. 1004, si uniforma alla decisione del Tar Veneto del 27 marzo 2015 escludendo, quindi, la validità delle notifiche PEC nel processo amministrativo ritenendo comunque sanata la nullità della notifica in considerazione della costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.

“Preliminarmente il Collegio deve darsi carico della validità della notifica a mezzo posta elettronica certificata, oggetto di contrastanti pronunce giurisprudenziali (vedi da ultimo Tar Lazio n. 396/2015 che propende per la nullità della notifica), atteso che il gravame introduttivo del presente giudizio, risulta notificato via PEC, ai sensi della legge n. 53/1994, sulle cui modalità di attuazione questo Tribunale si è già pronunciato (vedi Tar Salerno n. 673/2014).

Sebbene, come noto, in base al disposto di cui all’art. 16-quater, comma 3-bis del D.L. 179/12, sia esclusa l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), e ciò anche in mancanza di un apposito Regolamento che, analogamente al D.M. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo, ritiene il Collegio che nel caso in esame l’avvenuta costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata sia idonea a sanare la nullità della notifica (vedi anche Tar Venezia n. 369/2015).

In senso conforme, anche Tar Lazio n. 396/2015, a mente delle cui indicazioni, in assenza di costituzione delle parti intimate (avente efficacia sanante in applicazione dell’art. 44, co. 3. c.p.a., espressivo del principio del raggiungimento dello scopo; v. T.a.r. Lazio, sez. III-bis, 2 luglio 2014, n. 7017) e di autorizzazione ai sensi dell’art. 52, co. 2, c.p.a., la notificazione è nulla ex art. 11 l. n. 53/1994.”.

Il 28 maggio 2015 il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 2682 sembra mettere definitivamente fine alle contrastanti decisioni affermando la piena validità delle notifiche tramite PEC nella giustizia amministrativa:

E’ anzitutto infondato … il motivo d’appello della XXXXXX imperniato sull’affermata irricevibilità del ricorso al Tar del Gruppo YYYYYY a causa della tardività della notifica – asseritamente nulla, in quanto effettuata per mezzo della posta elettronica certificata (PEC) … in assenza dell’autorizzazione presidenziale di cui all’art. 52, comma 2, del c.p.a., alla notificazione del ricorso via PEC. L’appellante muove dall’assunto che l’art. 46 del d. l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 114, nell’aggiungere all’art. 16 quater del d. l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella l. 17 dicembre 2012, n. 221, aggiunto dall’articolo 1, comma 19, l. 24 dicembre 2012, n. 228, un nuovo comma 3 bis, in base al quale “le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa”, avrebbe sancito l’inapplicabilità, al processo amministrativo, del meccanismo della notificazione in via telematica – a mezzo PEC dell’atto introduttivo del giudizio da parte degli avvocati in mancanza dell’espressa autorizzazione presidenziale di cui all’art. 52, comma 2, del c.p.a. In particolare, nell’appello si enuncia la tesi per cui nel processo amministrativo il legale non può certificare la conformità delle copie di documenti spediti per via telematica e che la notifica per il destinatario del ricorso non si perfeziona nel momento in cui si genera la ricevuta, dato che regole tecniche e procedure utilizzate nel processo civile e disciplinate dal regolamento approvato con il d. m. 3 aprile 2013, n. 48, “non si applicano alla giustizia amministrativa”, che ne è stata espressamente esclusa.

La premessa interpretativa e le conclusioni non convincono. In realtà, il sopra citato art. 46 esclude l’applicazione, al processo amministrativo, dei commi 2 e 3 non della l. 21 gennaio 1994, n. 53, ma dell’art. 16 quater del d. l. n. 179 del 2012, conv. con mod. nella l. n. 221 del 2012 il quale, al comma 2, demanda a un decreto del Ministro della giustizia l’adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d. m. 21 febbraio 2011, n. 44, mentre al comma 3 stabilisce che le disposizioni del comma 1 “acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2”. La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata”.

Nel processo amministrativo telematico (PAT) – contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. – è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a., disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile (sull’ammissibilità e sull’immediata operatività della notifica del ricorso a mezzo PEC nel processo amministrativo vanno segnalate le recentissime sentenze del Tar Campania –Napoli, n. 923 del 6 febbraio 2015 e del Tar Calabria – Catanzaro, n. 183 del 4 febbraio 2015).

Se con riguardo al PAT lo strumento normativo che contiene le regole tecnico – operative resta il DPCM al quale fa riferimento l’art. 13 dell’Allegato al c.p.a., ciò non esclude però l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC. Sulle regole tecnico –operative applicabili, viene in rilievo il d.P.R. n. 68 del 2005, al quale fa riferimento l’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994. Nel caso in esame le norme di legge suddette, e l’art. 136 del c.p.a. , risultano essere state osservate dal Gruppo YYYYYY”.

Ancora il TAR Lazio, sez. III, con la sentenza n. 8676 del 24 giugno 2015, afferma l’ammissibilità della notifica tramite PEC nel processo amministrativo del ricorso introduttivo anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2 del c.p.a. deducendo che:

“Con riguardo alla notificazione a mezzo PEC il Collegio non può che rilevare l’infondatezza dell’eccepita inammissibilità in quanto vi è stata (oltre a quella a mezzo PEC) anche notificazione del ricorso all’YYYYY, ai sensi della Legge n. 53 del 1994, a mezzo racc. a.r. n. 76635965700-4, spedita in data 12.11.2014 (vedi ricevuta di spedizione allegata al ricorso introduttivo).

In ogni caso nessuna pronuncia di inammissibilità avrebbe potuto avere luogo in ragione della notificazione a mezzo PEC, considerato che:

– YYYYY S.p.a. si è regolarmente costituita in giudizio;

– pur essendo ben noto al Collegio l’ampio dibattito tuttora in corso nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, ove si contrappongono opposti orientamenti in merito all’utilizzabilità, anche nel processo amministrativo così come accade in quello civile, dello strumento informatico per il valido perfezionamento delle notificazioni, al riguardo si ritiene di valorizzare e condividere il recentissimo arresto del Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28 maggio 2015 n. 2682, nei passaggi che di seguito si trascrivono:

“Nel processo amministrativo telematico (PAT) –contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. – è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile (sull’ammissibilità e sull’immediata operatività della notifica del ricorso a mezzo PEC nel processo amministrativo vanno segnalate le recentissime sentenze del Tar Campania –Napoli, n. 923 del 6 febbraio 2015 e del Tar Calabria – Catanzaro, n. 183 del 4 febbraio 2015).

Se con riguardo al PAT lo strumento normativo che contiene le regole tecnico – operative resta il DPCM al quale fa riferimento l’art. 13 dell’Allegato al c.p.a. , ciò non esclude però l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC.

Sulle regole tecnico –operative applicabili, viene in rilievo il d.P.R. n. 68 del 2005, al quale fa riferimento l’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994.

– Nel caso in esame le norme di legge suddette, e l’art. 136 del c.p.a. , risultano essere state osservate….”.

Del tutto inaspettata, considerando la recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, giungeva la decisione del TAR Campania, Sez. VI, che con la sentenza n. 3467, depositata il 1 luglio 2015, riaffermava la non validità della notifica effettuata tramite PEC, asserendo addirittura come la stessa fosse da considerarsi “tamquam non esset”:

“La comunicazione a mezzo di posta elettronica certificata inoltrata dal ricorrente non può dirsi utilmente esperita, ed è da ritenersi “tamquam non esset” ossia inesistente dal momento che non trovano applicazione nel processo amministrativo le disposizioni di cui all’art. 3 bis della legge n. 53/1994 – in tema di facoltà di notificazioni di attivi civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati- che disciplina il perfezionamento della notificazione con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certificata. Sul punto è da rilevare che il d.l. 90/2014 convertito in l. n. 114/2014, all’art. 46 del capo II, Titolo IV, recante “disposizioni per garantire l’effettività del processo telematico” ha aggiunto all’art. 16 quater del d.l. 179/2012 il comma 3 bis ed ha escluso l’applicabilità al processo amministrativo dei precedenti commi 2 e 3 inclusi nell’art. 3 bis della legge n. 53/1994. Il comma 3 di siffatta disposizione attiene proprio al perfezionamento della notifica via pec, dato che la norma stabilisce che la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del medesimo decreto.

Ferma restando l’imprenscindibilità del predetto dato normativo ostativo, è nota peraltro l’esistenza in giurisprudenza di orientamenti contrastanti circa la facoltà dei difensori di avvalersi per la notifica dei ricorsi nel giudizio amministrativo del sistema di notifica telematica a mezzo pec. In senso favorevole si sono espressi da ultimo Ta.r. Campania Napoli sez. VII n. 923/2015 che ha ritenuto recuperabile la legittimità della notifica ai sensi dell’art. 1 della legge n. 53/1994, ed il T.a.r. Lazio Roma sez. III, n. 11808/2014 secondo cui la possibilità per gli avvocati di notificare gli atti a mezzo pec sussiste già da tempo e prescinde dall’introduzione e piena attuazione del processo telematico, fondandosi tale facoltà su autonome e specifiche disposizioni di legge quali l’art. 3 della Legge n. 53 del 1994 (come modificato dalla legge n. 263 / 2005), l’art. 25 Legge n. 183 del 2011 e, quindi, il d.l. n. 179 del 2012, che ha introdotto un apposito articolo (il 3-bis) nel corpo della l. n. 53 del 1994, che consente all’avvocato la notifica a mezzo pec avvalendosi del registro cronologico disciplinato dalla stessa. Nello stesso senso si è espresso T.a.r. Calabria sez. II n.183/2015 secondo cui l’applicabilità al giudizio amministrativo del sistema di notifica per via telematica sarebbe assicurata comunque dall’applicabilità delle regole tecniche di cui al d.p.r. n. 69/2005 con cui è stato approvato il regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3.

Il Collegio è di diverso avviso condividendo le argomentazioni fatte proprie da altra giurisprudenza circa l’inapplicabilità al processo amministrativo del sistema di notifica dei ricorsi per via telematica (cfr T.a.r. Lazio sez. II ter n.396/2015; T.a.r. Veneto sez. III n. 369/2015; Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 3 febbraio 2015, n. 49).

Come noto la facoltà degli avvocati di eseguire le notificazioni a mezzo p.e.c. senza l’ausilio dell’ufficiale giudiziario risale all’art. 25 della legge n. 183 del 12.11.2011 che riguarda però l’impiego della posta elettronica certificata nel solo processo civile, dove il sistema di notifica telematica è affidato al decreto del Ministero della Giustizia 21.02.2011 n.44 recante regolamento . concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ed al successivo d.m. 3.04.12013 n. 4. Al riguardo, è da rilevare che l’art. 34 del d.m. 44 cit. subordina l’applicabilità del sistema ivi disciplinato alla emanazione di specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Tali specifiche tecniche sono state dettate prima con provvedimento dell’8.07.2011 del Ministro della Giustizia e poi con un provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del medesimo Ministero.A ben vedere il sistema delineato dai predetti decreti rispecchia le specificità dell’ordinamento processuale ordinario, civile e penale, e disciplina un complesso meccanismo ideato e programmato sulle caratteristiche e peculiarità dell’ordinamento informatico del Ministero della giustizia.Al fine di ritenere operativo il sistema di notificazione dei ricorsi a mezzo p.e.c. nel processo amministrativo, non può prescindersi dal disposto di cui all’art. 13 n.t.a. del c.p.a. secondo cui con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali.

Del resto benché l’art. 39 comma 2 c.p.a. stabilisca che le notificazioni degli atti sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti in materia giudiziaria civile, è da escludere che nell’ambito di detto rinvio esterno possano includersi, al fine di rendere operanti le notifiche a mezzo pec, anche le specifiche tecniche dettate per il processo civile che, come si è innanzi anticipato, discendono da provvedimenti adottati dal Ministro della Giustizia e quindi da una fonte regolamentare interna all’amministrazione della giustizia ordinaria, e non possono certo ascriversi al rango delle “leggi speciali” applicabili in virtù del rinvio in argomento.

Del resto, l’organizzazione del sistema informativo della giustizia amministrativa presenta sue peculiarità ed una propria autonomia, per cui richiede l’adozione di una regolamentazione tecnica chiara che assicuri il suo corretto funzionamento, la certezza e sicurezza nella trasmissione ed acquisizione dei dati, e l’accessibilità e completezza dei registri pubblici per la verifica dell’esattezza degli indirizzi p.e.c. utilizzati.

A tale assenza di specifiche tecniche non possono sopperire altre fonti regolamenti, diverse da quelle di cui al richiamato art. 15 n.t.a., come sostenuto dal T.a.r. Calabria con riferimento al d.p.r. n. 69/2005, posto che l’art. 16 comma 4 del predetto d.p.r. stabilisce che le disposizioni ivi previste non si applicano all’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative. Analogamente è a dirsi per il più recente d.p.c.m. 14.11.2014 che riguarda non direttamente il processo ma il settore della pubblica amministrazione contenendo regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23 -bis, 23 -ter, 40, comma1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005; il relativo ambito soggettivo di applicazione, ai sensi dell’art. 2 comma 4, riguarda i soggetti di cui all’art. 2 commi 2 e 3 del codice dell’amministrazione digitale e precisamente le pubbliche amministrazioni ed i soggetti ad esse equiparati.

Nella materia processuale in esame, circa l’inapplicabilità al processo amministrativo di disposizioni rivolte in via generale alle pubbliche amministrazioni si è espressa più di recente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, sebbene occupandosi delle comunicazioni di segreteria, ha chiarito che l’ordinamento processuale in generale ed il regime delle modalità di comunicazione o notificazione degli atti giudiziari, (in particolare), esigono, come peraltro espressamente previsto per le comunicazioni a mezzo pec dall’art. 16 comma 4 del d.p.r. n. 68/2005, una disciplina speciale, in ragione della oggettiva differenza degli interessi e dei diritti (anche di rango costituzionale) dallo stesso implicati e della palese peculiarità delle relative esigenze regolatorie, e non tollerano modifiche non specificamente pensate, strutturate e destinate alla revisione delle regole del processo” Ed ha aggiunto altresì che: “ la diretta applicabilità delle disposizioni processuali civili al processo amministrativo è consentita ( anzi: imposta) nelle sole ipotesi in cui il primo ordinamento esprima principi generali che non rinvengono nel secondo una sufficiente ed esaustiva declinazione regolatoria” (cfr Ad. Pl. C.d.S. ord. 33 del 10.12.2014).In definitiva per quanto sopra esposto la notifica a mezzo pec effettuata dal ricorrente deve considerarsi “tamquam non esset”

Ancora il Consiglio di Stato, sezione terza, con la sentenza del 14 settembre 2015 n. 4270, torna ad occuparsi della validità delle notifiche degli avvocati tramite PEC, ai sensi della legge n. 53 del 1994, dopo che la sezione sesta, con la sentenza n. 2682 del 28 maggio 2015,  si era pronunciata in senso positivo.

Abbiamo avuto modo di constatare come, su tale modalità di notifica, la giurisprudenza amministrativa ha manifestato orientamenti contrastanti se è vero che, da una parte, il TAR Lazio-Roma Sez. III n. 11808/14, il TAR Calabria Sez. II n. 183/15, il TAR Campania-Napoli Sez. VI n. 923/15 hanno ritenuto pienamente valide ed efficaci, nel processo amministrativo, le notifiche degli avvocati tramite PEC ma, dall’altra il TAR Lazio-Roma Sez. II ter n. 396/15, TAR Veneto Sez. III n. 369/15, TAR Abruzzo-Pescara Sez. I n. 49/15, hanno al contrario affermato la non applicabilità delle stesse anche e soprattutto a causa della mancanza delle regole e specifiche tecniche operative del processo amministrativo telematico e della conseguente inesistenza di regole adottate per la giustizia amministrativa, non ritenendo estendibili, in tale ambito, quelle già in vigore per il processo civile telematico che invece si applicherebbero solo ed esclusivamente per effettuare a mezzo pec comunicazioni di segreteria; il TAR Lazio, con la sentenza del 13 gennaio 2015 n. 396 sosteneva  altresì che agli avvocati non era consentito notificare l’atto introduttivo del giudizio con modalità telematiche in mancanza di espressa autorizzazione presidenziale ai sensi dell’art. 52 del codice del processo amministrativo.

Così come auspicabile, interveniva il Consiglio di Stato che, nel maggio del corrente anno, con la sentenza n. 2682, prendendo in esame l’eccezione proposta dall’appellato,  statuiva, tra l’altro, che  “La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, c o. 2, del c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53 del 1994 (ed in particolare… gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 co. 3, lett. a) della l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale… a mezzo della posta elettronica certificata”.

“Nel processo amministrativo telematico (PAT) contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile.”

Con la decisione del Consiglio di Stato sembrava, quindi, definitivamente consentirsi l’utilizzo della PEC come strumento di notifica anche nel processo amministrativo ma, a distanza di due mesi, come visto, tornava sulla questione il Tar Campania Sez. VI che ne negava l’utilizzabilità ritenendola “tamquam non esset”

Il Consiglio di Stato, sezione terza, con la sentenza n. 4270 del 14 settembre 2015 ha,  molto probabilmente, definitivamente riconosciuto la validità della notifica tramite PEC nel processo amministrativo, mettendo fine alla diatriba tra decisioni favorevoli e contrarie.

Il Collegio, nel caso di specie, dovendo preliminarmente affrontare l’eccezione formulata dall’appellato il quale, nel richiamare la sentenza del Tar Lazio, sede di Roma della Sez. III ter del 13 gennaio 2015 n.396, deduce e ritiene che nel processo amministrativo non sia ancora consentito agli avvocati la notifica dell’atto introduttivo del giudizio con modalità telematiche ove non sia stata richiesta e concessa espressa autorizzazione presidenziale ai sensi dell’art. 52 comma 2 del codice del processo amministrativo.

Il Consiglio di Stato ritiene invece che l’eccezione non possa essere accolta aderendo invece, per relationem, alla precedente decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI n.2682 del 28 maggio 2015 secondo il quale: “La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, c o. 2, del c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53 del 1994 (ed in particolare… gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 co. 3, lett. a) della l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale… a mezzo della posta elettronica certificata”.

“Nel processo amministrativo telematico (PAT) contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile.”

“Se con riguardo al PAT lo strumento normativo che contiene le regole tecnico –operative resta il DPCM al quale fa riferimento l’art. 13 dell’Allegato al c.p.a. , ciò non esclude però l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC”.

Sulla base di tale precedente, l’eccezione proposta dall’appellato deve essere respinta”.

Da ultimo, ancora il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 4862 del 22 ottobre 2015 torma a ribadire, speriamo questa volta definitivamente e senza ulteriori “sorprese” provenienti da qualche Tar, la validità della notifica del ricorso tramite PEC facendo proprie le argomentazioni già dedotte dal Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2682/15:

“Va rigettata la prima censura di carattere preliminare, con cui con cui si assume la nullità della notifica a mezzo pec. (Posta elettronica certificata). Al riguardo il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale (C.S., sez. VI, n. 2682/2015), che esclude la nullità della notifica del ricorso con tali modalità, effettuata in assenza dell’autorizzazione presidenziale di cui all’art. 52, comma 2, del c.p.a. .

Non merita accoglimento l’assunto che l’art. 46 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni nella L. 11 agosto 2014, n. 114, nell’aggiungere all’art. 16 quater del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, aggiunto dall’articolo 1, comma 19, L. 24 dicembre 2012, n. 228, un nuovo comma 3 bis, in base al quale “le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa”, avrebbe sancito l’inapplicabilità, al processo amministrativo, del meccanismo della notificazione in via telematica – a mezzo PEC dell’atto introduttivo del giudizio da parte degli avvocati (in mancanza dell’espressa autorizzazione presidenziale di cui all’art. 52, comma 2, del c.p.a. ).

In realtà, il sopra citato art. 46 esclude l’applicazione, al processo amministrativo, dei commi 2 e 3 non della L. 21 gennaio 1994, n. 53, ma dell’art. 16 quater del D.L. n. 179 del 2012, conv. con mod. nella L. n. 221 del 2012, il quale, al comma 2, demanda a un decreto del Ministro della giustizia l’adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, mentre al comma 3 stabilisce che le disposizioni del comma 1 “acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2”.

La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la L. n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lett. a) della L. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale … a mezzo della posta elettronica certificata”.

Nel processo amministrativo telematico (PAT) -contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. – è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile (in tal senso anche C.S., sez. III, 4270/2015)”.

Non si può non condividere e mettere in risalto quanto dedotto dai Giudici del Consiglio di Stato nella parte conclusiva ove rilevano che il processo amministrativo tende, nella sua interezza, a trasformarsi in processo amministrativo telematico; infatti, dal 1 gennaio 2016, tutti i protagonisti del processo amministrativo, avranno l’obbligo di depositare telematicamente ogni atto, documento e provvedimento.

L’obbligatorietà del 1 gennaio 2016 potrà, però, essere rispettata solo a condizione che vengano pubblicate e per tempo conosciute le regole e specifiche tecniche del processo amministrativo telematico in mancanza delle quali non potremo che attenderci un nuovo e ulteriore rinvio.

11 novembre 2015

Avv. Maurizio Reaòe

         

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