PCT e copie di cortesia: le ragioni del “sì” e del “no”

PCT e copie di cortesia: le ragioni del “sì” e del “no”

Il commento è stato realizzato per Il Quotidiano Giuridico, il quotidiano di informazione giuridica del gruppo Wolters Kluwer Italia e curato da Cedam, Utet Giuridica, Leggi d’Italia e Ipsoa, e pubblicato qui.

Il tema delle “copie di cortesia” è certamente controverso. Nate dall’entrata in funzione del nuovo processo telematico per volere dei magistrati che ritengono faticoso e difficile l’esame e lo studio degli atti tramite il monitor del computer, le copie di cortesia vedono, invece, contrari gli avvocati, che le considerano una vera e propria vessazione.

PRO

Luciano Panzani – Presidente della Corte d’Appello di Roma

Personalmente sono portato a condividere le ragioni degli avvocati, anche se, come magistrato, non mi nascondo le ragioni che hanno spinto molti magistrati a pretenderle.

Conviene esaminare la questione punto per punto e con animo equanime. Il processo telematico è ormai obbligatorio per il giudizio di primo grado e a far tempo dal 30 giugno può essere utilizzato anche per il processo di appello. Cardine del processo telematico è che l’atto processuale si forma in via informatica, viene sottoscritto dall’avvocato o dal giudice con la firma digitale e trasmesso tramite pec. Esso sostituisce a tutti gli effetti l’atto cartaceo, che dove il processo telematico è obbligatorio, non può essere più utilizzato. Il sistema toglie agli avvocati l’onere di recarsi nelle cancellerie per il deposito degli atti e li affranca anche dal rispetto degli orari di apertura al pubblico delle cancellerie. Nella pratica per quasi 24 ore al giorno il sistema telematico è sempre accessibile, salvo le interruzioni di operatività della rete giustizia, cui purtroppo le innegabili pecche del sistema ci hanno abituati.

L’effetto di questa rivoluzione digitale è che il giudice riceve direttamente sul suo computer, eventualmente anche nella sua abitazione tramite un portatile abilitato, gli atti e li visualizza sullo schermo, avvalendosi della c.d.consolle del magistrato, vale a dire un programma che interagisce con il sistema ed è in grado di ricevere e gestire tanto gli atti degli avvocati, quanto quelli del giudice, oltre che di certificare la data e l’ora di ricezione dell’atto. Resta però che il giudice deve abituarsi al nuovo sistema, che è stato costruito più per alleggerire le cancellerie e gli avvocati degli oneri connessi al sistema cartaceo che per aiutare il giudice. Questi si trova a video atti complessi, spesso di molte pagine, che fanno riferimento a documenti prodotti che possono sì essere consultati on line, ma che vengono prodotti senza alcun ordine predeterminato. E’ obiettivamente oneroso leggere gli atti a video ed assumere la decisione senza poter ricorrere al tradizionale supporto cartaceo. Inoltre i tempi di consultazione di atti e documenti sul fascicolo informatico si allungano perché non esiste un sistema predeterminato che imponga regole nella produzione e nella formazione dell’indice dei documenti prodotti. Questi sono fatti innegabili, tanto che i tempi per la redazione di un decreto ingiuntivo da parte del giudice sono in genere più lunghi se il provvedimento viene adottato on line, anziché con il vecchio sistema cartaceo. Con quest’ultimo bastava un’occhiata ai documenti prodotti e una firma in calce alla bozza di decreto già predisposto dalla parte istante. Con il sistema telematico ci vuole più tempo perché il programma prevede sì un format, ma vi sono molti spazi da riempire e perché i documenti, come s’è detto, non hanno indice uniforme e vanno aperti uno per uno. Non c’è modo di sfogliarli, magari in miniatura, come pure alcuni software consentono.

Poco male, si dirà, basta che il giudice faccia stampare gli atti informatici e poi provveda sulle istanze. Ci sarà qualcuno nell’ufficio che aiuterà il giudice inesperto a redigere l’atto informatico. Qui sta il punto dolente. Stampanti e toner sono risorse limitate. Se tutto venisse stampato sicuramente le risorse non basterebbero. E ancora le risorse delle cancellerie in termini di personale sono limitate. Anche i nuovi tirocinanti, laureati che effettuano stages di 18 mesi negli uffici giudiziari, sono ancora pochi e non sempre graditi dai giudici.

Di qui l’idea delle copie di cortesia. Ora, come il nome dice, la copia di cortesia è appunto una cortesia che l’avvocato fa al giudice per aiutarlo nella riconversione informatica. Non può diventare un obbligo come in qualche ufficio si è ritenuto di poter pretendere, argomentando da norme che consentono in casi eccezionali e speciali la trattazione cartacea del processo. Vi è di più. La copia di cortesia è una copia non autentica. L’originale dell’atto è l’atto informatico. Il giudice se non controlla la conformità della copia all’originale informatico, si espone a rischi se qualche avvocato che vede la deontologia professionale in termini un po’ disinvolti, gli presenta una copia difforme dall’originale. Ed ancora le cancellerie non possono essere obbligate a ricevere e gestire le copie di cortesia perché esse non hanno cittadinanza nel processo. In molti casi sono stati raggiunti accordi tra gli uffici giudiziari ( ad esempio a Roma tra la Corte di appello ed il Consiglio dell’Ordine degli avvocati per sei mesi a seguito dell’entrata in funzione del processo telematico in appello) per la presentazione da parte degli avvocati per un periodo limitato delle copie. A Roma le copie vengono depositate in apposite cartelline cui gli avvocati possono accedere senza necessità di entrare nelle cancellerie o nelle stanze dei giudici, in modo da limitare al massimo il disagio degli avvocati e l’impegno dei cancellieri.

Va detto che il recente decreto legge 27 giugno 2015, n. 83, ha modificato l’art. 16 bis del d.l. 179/2012, stabilendo che “con decreto non avente natura regolamentare il Ministro della giustizia stabilisce misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche nonché’ per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché’ per la gestione e la conservazione delle predette copie cartacee. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo a norma dei commi 4 e 8, nonché’ ai sensi del periodo precedente”. Come il Ministero ha subito chiarito con un comunicato stampa del 4 agosto “Il regolamento, già in lavorazione dagli uffici del ministero, avrà il principale obiettivo di una più corretta gestione delle copie cartacee che negli uffici giudiziari ad oggi vengono prodotte, indipendentemente, ed anzi a prescindere, dall’esistenza di protocolli di prassi sulle copie di cortesia. In altri termini il decreto ministeriale sul Processo civile telematico detterà alle cancellerie le regole per le modalità di acquisizione e conservazione del materiale cartaceo (che ai sensi dell’articolo 16 bis del dl 179/2012 e dell’articolo 156 cc viene legittimamente prodotto allo stato della normativa vigente) ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie”.

Il comunicato stampa ha voluto fugare i timori di una parte dell’Avvocatura su una legalizzazione ed istituzionalizzazione delle copie di cortesia, che la norma contenuta nel decreto legge lasciava ipotizzare. Secondo il futuro D.M. tali copie non potranno essere gestite ed accettate dalle cancellerie, mentre verrà disciplinata la formazione di copie cartacee all’interno degli uffici che, ci si augura, mettano i giudici in grado di lavorare sulla carta se lo desiderano, senza gravare gli avvocati di oneri impropri. Tutto bene dunque? E’ presto per dirlo perché bisogna vedere quali risorse verranno poste a disposizione dei giudici per la stampa degli atti che, lo si ripete, in molti casi è una necessità. Ed ancora bisogna vedere se le copie di cortesia, cacciate dalle cancellerie, non resteranno per prassi tra le richieste che i giudici faranno agli avvocati. Bisognerà che Consigli degli Ordini e Capi degli uffici vigilino per evitare che queste prassi s’instaurino. Bisognerà anche che i primi timidi tentativi di introdurre prassi virtuose sulle dimensioni degli atti processuali, come già avviene nel processo amministrativo, e sull’adozione di modelli tipo di atto per i procedimenti di routine e ripetitivi, si trasformino in pratiche consolidate.

CONTRO

Maurizio Reale – Avvocato in Teramo

Se mi si chiede cosa penso delle copie di cortesia, rispondo che ritengo assolutamente privo di logica il deposito delle “copie di cortesia” da parte degli avvocati. Il legislatore ha previsto il deposito telematico obbligatorio, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, degli atti endoprocedimentali e, da ultimo, la facoltà, negli stessi Uffici Giudiziari, del deposito telematico di tutti gli altri atti diversi da quelli per i quali vige il citato obbligo; non ha alcun senso e quindi appare assolutamente inutile, per il professionista, un sistema di deposito caratterizzato dal doppio binario (cartaceo e telematico) soprattutto considerando che la strada intrapresa dal legislatore è quella della progressiva e completa digitalizzazione del fascicolo processuale.

L’Avvocatura, con grandi sforzi, ha condiviso l’introduzione dell’informatica nel processo civile, facendosi carico delle difficoltà e assumendosi i relativi oneri. Inutile nasconderlo, le “copie di cortesia” nascono per il volere dei magistrati i quali ritengono faticoso e difficile l’esame e lo studio degli atti e dei documenti, depositati dagli avvocati, attraverso la visualizzazione degli stessi tramite il monitor del computer; ma è solo questione di abitudine ed il modo migliore per abituarsi non è sicuramente quello di chiedere il deposito delle “copie di cortesia”. Sicuramente possono esserci particolari situazioni nelle quali è indispensabile anche il deposito della copia cartacea del singolo atto o documento ma, in questi casi il magistrato, eccezionalmente, potrà far ricorso a quanto previsto dall’art. 16 bis comma 9 del DL 179/12; negli altri casi il magistrato dovrà rivolgersi, per la “copia di cortesia”, non all’avvocato ma alla cancelleria, così come disposto nella circolare del 28 ottobre 2014 del Ministero della Giustizia, nella quale si legge chiaramente ed inequivocabilmente che, su richiesta del giudice, ove necessario deve essere la cancelleria a procedere alla stampa di atti e documenti.

Il deposito della copia di cortesia comporta che il professionista effettui il deposito sia nella forma telematica che cartacea aggravandone, da una parte, il lavoro e vanificando, dall’altra, una delle indiscutibili utilità del processo telematico: poter effettuare il deposito di atti e documenti dal proprio studio senza doversi recare fisicamente nelle cancellerie, cosa questa ancora di più particolarmente onerosa a seguito della soppressione di molti Tribunali e sezioni distaccate che ha ampliato le distanze esistenti tra lo studio del professionista e l’ufficio giudiziario.

A ciò si aggiunga che la “copia di cortesia”, sulla quale il magistrato dovrebbe studiare, è una semplice copia cartacea informale dell’atto o del documento depositato telematicamente priva, quindi, di qualsiasi conformità all’originale e libera da qualsiasi vincolo di forma, che non sostituisce né si aggiunge al deposito telematico, costituendo soltanto una modalità pratica di messa a disposizione del giudice di atti processuali trasposti su carta al punto che, così come specificato nella circolare del 28 ottobre 2014 del Ministero della Giustizia, le copie in questione non devono essere inserite dal Cancelliere nel fascicolo processuale e, ove gli atti e documenti così messi a disposizione del magistrato vengano, comunque, materialmente inseriti nel fascicolo cartaceo, il Cancelliere non dovrà apporvi il timbro di deposito o altro equivalente, onde non ingenerare confusione;

in presenza di tali disposizioni il magistrato è ora tenuto, comunque, a verificare l’esatta corrispondenza tra il contenuto dell’atto inviato telematicamente e quello della copia di cortesia e quindi leggere (a video) l’uno e (in cartaceo) l’altro.

Con la nuova formulazione dell’art. 16 bis comma 9 del DL 179/12, introdotta dal DL 83/15 (convertito con la L. 132/15) il legislatore ha preannunciato che il Ministro della Giustizia stabilirà, con decreto non avente natura regolamentare, sia le “… misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e la conservazione delle predette cartacee…” sia …le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo a norma dei commi 4 e 8, nonché ai sensi del periodo precedente”.

Con comunicato stampa del 4 agosto 2015, il Ministero della Giustizia ha precisato che “Il regolamento … avrà il principale obiettivo di una più corretta gestione delle copie cartacee che negli uffici giudiziari ad oggi vengono prodotte, indipendentemente, ed anzi a prescindere, dall’esistenza di protocolli di prassi sulle copie di cortesia … ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie.”.

Premesso quanto sopra, voglio credere che il preannunciato intervento sia diretto, da una parte, ad escludere il deposito delle copie di cortesia ad opera degli avvocati consentendo, quindi, che solo le cancellerie, su richiesta del magistrato, provvedano a stamparle e conseguentemente, dall’altra, a disciplinare in maniera univoca la gestione delle stesse.

         

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