“Lo strano caso dell’abrogazione dell’elezione di domicilio nel processo amministrativo telematico”

“Lo strano caso dell’abrogazione dell’elezione di domicilio nel processo amministrativo telematico”

articolo di Ines Pisano – Consigliere TAR Roma

Ricevo e pubblico l’articolo scritto dalla dott.ssa Ines Pisano, Consigliere TAR Roma.

Dopo le modifiche apportate dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, all’art.25 del codice del processo amministrativo –   il cui comma 1 ter prevede ora che “A decorrere dal 1° gennaio 2018 il comma 1 non si applica per i ricorsi soggetti alla disciplina del processo amministrativo telematico”  si è ingenerata tra gli operatori del processo amministrativo l’opinione, a mio avviso erronea, che il legislatore dal 1° gennaio 2018 abbia voluto eliminare tout court per i ricorsi soggetti al PAT l’obbligo di elezione di domicilio. Addirittura, secondo altra interpretazione, il domicilio “fisico” per  le notificazioni dopo tale modifica potrebbe essere eletto in qualsiasi luogo del territorio nazionale, in contrasto con la ratio di tale istituto, il cui fondamento è tuttora da rinvenirsi nell’art.82 del R.D. 22/01/1934, n. 37  (Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore, pubblicato nella Gazz. Uff. 30 gennaio 1934, n. 24), ai sensi del quale “I procuratori, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso”.

Tale convinzione potrebbe essere ingenerata dal fatto che con il processo telematico verrebbe meno la necessità di un domicilio “fisico” – diverso dalla PEC quindi- per i tradizionali adempimenti cartacei: niente di più falso, dal momento che almeno per quanto riguarda il PAT la notificazione a mezzo PEC è ancora, per il difensore,  una mera facoltà e non un obbligo e che non può comunque escludersi anche per la segreteria, seppure in via del tutto residuale, la necessità in caso di malfunzionamento del sistema di effettuare comunicazioni anche al difensore tramite il tradizionale biglietto di cancelleria, non a caso ancora menzionato nelle disposizioni di attuazione del c.p.a.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tuttavia, il primo comma dell’art.82 del RD/1934 pur dopo l’entrata in vigore del processo telematico è ancora vivo e vegeto (come dimostra il comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, che ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore del provvedimento, in parte qua e l’intervento della Corte costituzionale, che con ordinanza 13-17 dicembre 1999, n. 455 (ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 82, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione).

Ciò che risulta abrogata, per il processo amministrativo, è la previsione speciale, successivamente introdotta con il d.lgs. 104/2010,  che all’art.25 c.p.a comma 1, si  premurava di precisare che  “Fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria, dall’articolo 136, comma 1, c.p.a” –  disposizione che nella formulazione all’epoca vigente prevedeva l’obbligo dei difensori di comunicare la propria PEC nel ricorso o nel primo atto difensivo ai soli fini delle comunicazioni a mezzo PEC, già previste per il processo amministrativo prima dell’avvio del PAT –  a) nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata;  b) nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato”.

Con la legge n.197/2017, pertanto, ciò che è venuto meno è esclusivamente la possibilità di eleggere domicilio, implicitamente o esplicitamente, presso la Sede dell’ufficio giudiziario, per mere esigenze di non aggravare le segreterie, ma non il venir meno del dovere di elezione di domicilio imposto dall’art.82 R.D. 1934, tuttora vigente, per gli avvocati fuori sede, seppur ai limitati fini degli adempimenti cartacei di controparte e della segreteria.

Ciò è a mio avviso confermato anche dal fatto che  anche l’art.25 comma 1-bis c.p.a. prevede che “Al processo amministrativo telematico si applica, in quanto compatibile, l’articolo 16-sexies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221”. Ciò significa che, quantomeno per il giudizio davanti al Consiglio di Stato e nei ristretti limiti previsti dalla norma, nei casi in cui “la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario” (ed è proprio il caso dell’art.82, comma 2, del R.D del 1934 e, prima della sua abrogazione, dell’art.25 comma 1 c.p.a)”  alla notificazione con le predette modalità può (ancora) procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero” . Ciò significa che, in tali casi, comunque non può prescindersi dal fatto che la notificazione venga effettuata  in Roma e, precisamente, presso la segreteria del Consiglio di Stato.

Né, alla luce della formulazione delle norme del c.p.a., possono valere in proposito le considerazioni della giurisprudenza civile (v. ad esempio Cass. civ. Sez. VI – 2 Ordinanza, 14-09-2017, n. 21335, che nel  confermare la vigenza dell’ art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita – precisa che tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c. , apportate dall’ art. 25 della l. n. 183 del 2011, per  esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del cit. art. 82 , consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c.  per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c.  specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine).

Infatti, mentre l’art.125 c.p.c, prima della modifica connessa all’automatismo del RegInde, prevedeva che i difensori indicassero la PEC nell’atto introduttivo del giudizio  ”ad ogni effetto di legge” (ivi comprese le notificazioni) analoga previsione non è contenuta né nell’art.40 c.p.a. né, nella vigente formulazione, neppure nell’art.136 c.p.a. ai limitati  fini delle comunicazioni.

Restando fermo quindi che nel PAT le notificazioni possono essere fatte con qualunque modalità tradizionale, ivi compresa la consegna a mani di cui all’art.141 c.p.c. in virtù del rinvio di cui all’art.39 comma 2 c.p.a., l’interpretazione del venir meno dell’obbligo dell’elezione del domicilio fisico o, addirittura, la possibilità che questo possa essere eletto in qualsiasi luogo del territorio nazionale deve a mio avviso essere esclusa ferma la vigenza dell’art.82 RD/1934.”.

Roma, 23 gennaio 2018 – Ines Pisano (Consigliere TAR Roma)

         

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