Il ricorso ex art. 669 duodecies cpc va depositato in via telematica

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Il ricorso ex art. 669 duodecies cpc va depositato in via telematica (Tribunale di Trani – ordinanza del 24.11.15)

(l’articolo è stato realizzato per Altalex, quotidiano di informazione giuridica)

Con provvedimento ex art. 669 octies c.p.c. il Giudice del Tribunale di Trani accoglieva parzialmente ricorso per reintegra nel possesso.

Il resistente non dava spontanea attuazione al provvedimento per cui, parte ricorrente, notificata l’ordinanza unitamente al precetto, proponeva ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. al fine di stabilire le modalità di attuazione del provvedimento.

Il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. veniva depositato in forma cartacea; la controparte, costituitasi in giudizio anch’essa nella modalità cartacea, eccepiva l’inammissibilità o la irricevibilità del deposito cartaceo del ricorso. Il Tribunale, decidendo sull’eccezione proposta, dichiarava il ricorso inammissibile motivando la decisione sul presupposto che lo stesso, avendo natura di atto endoprocessuale, doveva essere depositato in forma telematica ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 bis del decreto legge 179/12.

Avverso tale decisione veniva proposto reclamo nel quale si sosteneva che il ricorso proposto ex art. 669 duodecies c.p.c. non poteva essere considerato come un procedimento cautelare in corso di causa, bensì un procedimento del tutto nuovo, differente rispetto al precedente giudizio possessorio e come tale depositabile nella maniera tradizionale, cartacea, precisando altresì che comunque l’atto aveva senz’altro raggiunto lo scopo cui era destinato, con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156 terzo comma c.p.c. e che ove lo stesso fosse ritenuto atto endoprocessuale il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile anche la costituzione della controparte, avvenuta con modalità cartacea; si chiedeva quindi che fosse sospesa l’efficacia esecutiva dell’ordinanza impugnata e nel merito revocata o riformata parzialmente nella parte relativa alle spese.

Controparte, ricevuta la notifica del reclamo, si costituiva e resisteva a quanto nello stesso dedotto, evidenziando la correttezza, in diritto, delle argomentazioni esposte dal Giudice di prime cure.

Il Tribunale di Trani, con l’ordinanza del 24 novembre 2015, affronta la questione relativa:

1) alla natura del ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. e quindi se tale atto debba considerarsi endoprocessuale o meno al fine di decidere la corretta modalità (telematica o cartacea) con la quale lo stesso debba essere depositato,

2) alle conseguenze, nel caso di deposito con modalità diverse da quelle stabilite, e con la verifica della possibile sanatoria della nullità per il principio del c.d. raggiungimento dello scopo previsto dal terzo comma dell’art. 156 c.p.c.

*****

1) il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. è atto avente natura endoprocessuale?

Il Tribunale di Trani, quale Giudice del reclamo, con l’ordinanza in commento, afferma che il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. è atto avente natura endoprocessuale aderendo così al consolidato orientamento della Suprema Corte per la quale “l’esecuzione del provvedimento d’urgenza in materia possessoria, secondo la previsione dell’art. 669 duodecies cod. proc. civ., che, dettato per i sequestri, trova applicazione, in virtù dell’art. 669 quaterdecies del codice di rito, anche ai provvedimenti possessori immediati, non dà luogo ad un processo di esecuzione forzata, bensì ad una ulteriore fase del procedimento possessorio, che è di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento” (Cass. n. 481/03, Cass. n.80/96 e n. 5672/97, Cass. n. 13666/03, n. 407/06, n. 6621/08) e se il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c., ha natura endoprocessuale opera l’obbligo di deposito con modalità telematica.

Sotto tale aspetto, quindi, con la decisione del giudice di prime cure concorda anche il Giudice del reclamo.

2) è possibile ricorrere alla sanatoria per il raggiungimento dello scopo ove l’atto sia stato depositato in modalità diversa da quella consentita?

Ad avviso del Tribunale di Trani, quale Giudice del reclamo, non sarebbe possibile ricorrere alla sanatoria per il raggiungimento dello scopo ove l’atto, da depositarsi telematicamente, sia stato, invece, depositato in cartaceo.

Il Collegio, sul punto, osserva quanto segue:

“…se è vero che non è prevista alcuna sanzione dall’art. 16 bis del D.L. 179/2012 in caso di inosservanza del deposito telematico obbligatorio per gli atti endoprocedimentali (dopo il 30.6.2014), è altresì vero che, con l’uso dell’avverbio “esclusivamente” con modalità telematiche, l’opzione del legislatore sia, senza dubbio, quella di escludere qualsiasi forma di deposito equipollente; né appare invocabile il principio della libertà delle forme di cui all’art. 121 c.p.c., trattandosi di una forma determinata, imposta dal legislatore.”; il Collegio, quindi, ritiene che non possa prevedersi, in caso di deposito di atti endoprocessuali, una modalità di deposito alternativa a quella telematica.

Quanto alle conseguenze o agli effetti del deposito di un atto endoprocessuale per via cartacea, e della eventuale sanatoria per il raggiungimento dello scopo, il Collegio evidenzia come sulla questione esistono due orientamenti giurisprudenziali tra di loro contrastanti.

Primo orientamento (Tribunale di Torino 6.3.2015 e Trib. Foggia 15.5.2015):

l’inammissibilità dovrebbe discendere quale corollario dell’avverbio “esclusivamente”, pur se non seguito da alcuna sanzione espressa da parte del Legislatore; tale interpretazione appare conforme ai principi di certezza del diritto e di ragionevole durata del processo che hanno ispirato la riforma del processo civile telematico, essendo il deposito telematico funzionale ad un più rapido ed immediato accesso agli atti e documenti del processo, per il giudice e le parti costituite.”.

La scelta legislativa sarebbe quindi incompatibile con la diversa categoria della nullità e della sanabilità per il raggiungimento dello scopo, in considerazione del fatto che la nullità attiene a vizi dell’atto e non a vizi del deposito, che resta un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo.

Secondo orientamento (Trib. Asti 23.3.2015 e Tribunale di Trani, sulla medesima questione del reclamo, 20.10.2015):

non esistendo alcuna norma che sanzioni con l’inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in forma diversa da quella telematica, se la costituzione per tale via è conforme alle prescrizioni di legge che la disciplinano, in virtù dei principi di libertà delle forme e del raggiungimento dello scopo, la parte che si costituisca per via telematica non può essere in alcun modo sanzionata.

Il Collegio ritiene di dover aderire al primo dei due orientamenti e quindi di non poter ricorrere alla sanatoria per il raggiungimento dello scopo ove l’atto sia stato depositato in modalità diversa da quella consentita; sul punto così argomenta:

“In primo luogo, a parere del Collegio, non può invocarsi il principio della libertà delle forme (dal quale deriverebbe che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l’eventuale inosservanza della prescrizione formale sarebbe irrilevante se l’atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato), posto che in questo caso non può parlarsi, propriamente, della forma di un atto, ma, semmai, delle modalità di trasmissione alla cancelleria di un determinato atto; in secondo luogo, se è vero che il deposito è un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo (che, come tale, può essere effettuata anche da un nuncius), nel concreto è lo stesso Legislatore ad obbligare, specificandone il quomodo con l’avverbio “esclusivamente”, una particolare modalità di trasmissione dell’atto, e ciò al fine di favorire la progressiva dematerializzazione del fascicolo cartaceo, per le ragioni di economia processuale e di ragionevole durata del processo cui è ispirato il processo telematico; in terzo luogo, non può invocarsi il fatto che il deposito dell’atto per via cartacea comunque realizzerebbe il contatto interpersonale tra depositante e cancelliere e, come tale, può essere idonea al raggiungimento dello scopo: sussiste, invero, il principio dell’affidamento e la necessità del rispetto dell’art. 24 Cost., posto che la controparte, confidando sulla trasmissione dell’atto per via telematica, potrebbe essere indotta – per il riferito principio dell’affidamento – a non articolare alcuna difesa qualora la controparte non abbia depositato per via telematica l’atto processuale (si pensi alla scansione temporale dei termini processuali ex art. 183 sesto comma c.p.c. ed al fatto che, qualora una parte non depositi alcuna richiesta istruttoria nella memoria a ciò deputata, l’altra parte potrebbe a sua volta non depositare alcuna richiesta istruttoria di segno contrario); pur volendo ritenere che l’atto abbia superato i controlli della cancelleria ed abbia realizzato la presa di contatto tra l’ufficio giudiziario e il depositante, sussiste pur sempre l’esigenza di certezza della trasmissione degli atti, che non può essere realizzata con ogni mezzo, ma con una modalità particolare richiesta dal Legislatore; in quarto luogo, il fatto che non sia prevista una sanzione espressa di inammissibilità, non osta a che la sanzione, rilevabile d’ufficio, possa essere ricavata dai principi generali dell’ordinamento, ed intesa come scostamento dal modello legale tipico del deposito previsto dal Legislatore, insuscettibile di sanatoria per effetto del raggiungimento dello scopo, posto che la sanatoria richiamata concerne la questione dell’impersonalità del deposito, mentre, in questo caso, viene in questione il quomodo stesso del deposito.”.

Il Collegio ritiene quindi che la pronuncia del primo Giudice sia corretta anche relativamente a tale motivo di doglianza dedotto da controparte.

In realtà, soprattutto su quest’ultimo aspetto, la decisione del Collegio, a sommesso avviso dello scrivente, appare da una parte poco convincente e, dall’altra, eccessivamente penalizzante per la parte che tale decisione ha subito.

E’ fuor di dubbio, come per altro rilevato anche dal Collegio, che la questione dell’interpretazione della natura di un atto (se introduttiva o endoprocessuale) non sia di facile soluzione soprattutto ove si tratti di atti per i quali possano esistere interpretazioni differenti; ad esempio sono note ed ancora attuali in giurisprudenza le incertezze interpretative sul reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. (interpretabile come giudizio diverso dalla fase cautelare di prima istanza), sull’opposizione avverso l’ordinanza che chiude il rito sommario “Fornero” ai sensi della legge 92/2012, sull’opposizione avverso il decreto emesso ai sensi dell’art. 28 della legge 300/70, o sui ricorsi al giudice dell’esecuzione in opposizione successivi all’inizio dell’esecuzione, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., o sulle istanze di conversione nel pignoramento. Proprio per tale motivo non posso che ribadire come opportuno sarebbe, in mancanza di certezze assolute, decidere in maniera tale da salvaguardare sia il rispetto del codice di rito sia i diritti dei cittadini che, non poche volte, sono stati pregiudicati da decisioni non proprio ineccepibili e corrette ove l’oggetto delle stesse era il frutto dell’interpretazione della norma processuale allorquando quest’ultima doveva coniugarsi con la “norma tecnica”.

Non è assolutamente condivisibile la decisione del Collegio quando afferma che non può invocarsi il fatto che il deposito dell’atto per via cartacea comunque realizzerebbe il contatto interpersonale tra depositante e cancelliere e, come tale, può essere idonea al raggiungimento dello scopo: sussiste, invero, il principio dell’affidamento e la necessità del rispetto dell’art. 24 Cost., posto che la controparte, confidando sulla trasmissione dell’atto per via telematica, potrebbe essere indotta – per il riferito principio dell’affidamento – a non articolare alcuna difesa qualora la controparte non abbia depositato per via telematica l’atto processuale (si pensi alla scansione temporale dei termini processuali ex art. 183 sesto comma c.p.c. ed al fatto che, qualora una parte non depositi alcuna richiesta istruttoria nella memoria a ciò deputata, l’altra parte potrebbe a sua volta non depositare alcuna richiesta istruttoria di segno contrario); pur volendo ritenere che l’atto abbia superato i controlli della cancelleria ed abbia realizzato la presa di contatto tra l’ufficio giudiziario e il depositante, sussiste pur sempre l’esigenza di certezza della trasmissione degli atti, che non può essere realizzata con ogni mezzo, ma con una modalità particolare richiesta dal Legislatore;”.

Sul punto il Collegio dimentica che le regole tecniche e le specifiche tecniche del processo civile telematico prevedono, rispettivamente agli artt. 9 e 11, che il fascicolo informatico debba contenere i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati nonché le copie informatiche dei documenti e deve raccogliere altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo e ciò non solo ma anche e soprattutto al fine sia di disporre di un fascicolo interamente digitale sia di consentire alle parti la visualizzazione, attraverso la consultazione del fascicolo informatico, anche degli atti e documenti depositati nella maniera tradizionale, cartacea, con ciò rispettandosi il principio dell’affidamento e il disposto dell’art. 24 della Costituzione; se le cancellerie della maggior parte degli uffici giudiziari non osservano quanto disposto dagli articoli citati non consentendo, quindi, alle parti di visualizzare, nel fascicolo informatico, quanto depositato in cartaceo, tale inadempimento non può e non deve avere riflessi negativi sui difensori e sulle parti rappresentate.

15 dicembre 2015

Avv. Maurizio Reale

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